martedì 15 novembre 2016

IRIDI - Raccolta Completa - Mariano Ciarletta ©











Cuore di madre (1)

Gioisci, cuore di madre,
per il candido germoglio che porti in grembo.
Patisci cuore di madre,
per il sofferto travaglio che lo schiude alla luce.
Sorridi, cuore di madre
per la crescita del tuo fiore acerbo.
Proteggilo, cuore di madre
Come fosse linfa che scorre nelle tue vene.
Soffri, cuore di madre
nel vedere che il germoglio divenuto fiore
è nel mezzo della tempesta che causa dolore.
Stilli sangue, o cuore di madre,
per le spine che il tuo fiore ora ti porge
e per il veleno che trasuda dal  fragile stelo.
Ma non smettere di amarmi, madre!
Perché senza di te la mia vita è a metà.


  


Come sale (2)

Come sale che si riversa
su una ferita arsa,
la tua parola crudele
irrompe nel mio animo fragile.
Perdono non può esistere
per questo gioco malato di inganni,
è ora di esorcizzare dal cuore gli affanni,
che hanno reso paralleli i nostri cuori.
Un tempo all’ unisono son stati
ma di tal purezza presto fummo privati,
per lasciar campo alla viscida lussuria
che ogni senso ha bruciato con la sua furia.
E in tal vizio ci siamo crogiolati,
mentre i nostri animi privi d’ amore son diventati.
Come automi che vivono una patetica farsa,
e ora che mi volto, tu sei già scomparsa.





Cristallo (3)

Parlami, nonostante la tua voce sia solo un’ eco.
Pensami, se dimoro nel tuo cuore,
come le radici dimorano nell’ umida terra.
Scrutami e comprendi le mie mille fragilità.
Guardami, non sono forte come vorresti.
Il mio animo non è che un riflesso di cento debolezze.
Compatiscimi, se è quello che il cuore ti detta,
ma se puoi, amami, con il silenzio
e con la tua pelle.
Guidami, per sentieri di cui non conosco gli aromi.
Insegnami ad apprezzarli e custodirli nel cuore.
Imprimi i tuoi occhi nella mia mente
come un sigillo impresso su un lago di cera.
Eppure tu sei distante,
dietro una tetra barriera
che tu hai innalzato con la tua indifferenza.
Una barriera di cristallo e silenzio.





Il silenzio della montagna (4)

Che queste vette silenti,
condannate ad un silenzio irreale
allontanino i rumori del cuore.
Siano come acqua su un campo arso,
come miele che sazia una bocca affamata

che altro gusto non conosce
se non quello di lacrime salate.
Che questa terra gelida,

di questa possente montagna su cui mi trovo disteso,
ridoni vigore alle mie ossa e al mio cuore,
mentre stringendo tra le mani la terra umida,
cerco il tuo odore dentro di lei,
cerco di renderla parte di me,
mi piace vagare per queste gelide vette,
pensarmi solo, riscoprirmi nuovo,
accogliere piccoli insegnamenti,
che la natura, maestra paziente, mi dona,
come quello dell’aquila fiera che,
dopo il riposo, spicca nuovamente il volo
verso il buio precipizio, per poi salire al cielo.
L' aquila è emblema della vita,
che ci spinge sempre a tuffarci nel vuoto
per salire verso la luce della dolce aurora.









Respiri (5)

Confessano
degli occhi la verità.
Lenti dipartono
da labbra inaridite
per baci fuggenti.
Testimoni silenziosi
di notti interminabili
spese a cercarci
sulle deserte isole
della nostra coscienza.
Da reconditi desideri
resi affannosi,
spezzati sul nascere
come germogli recisi.






Angeli di pietra (6)

Angeli di pietra
radicati nella terra.
piangono sangue
al suon della cedra.
In questo luogo,
dove regna Morte,
piangono sangue
per la triste sorte.
Da essi nasce un lamento lieve:
tristi umani, a cui l’odio vi preme,
questa vita eterna giammai  sarà,
e la vostra anima all’ inferno brucerà.






L’ addio (7)

Su uno scoglio inesistente
in una realtà apparente
rifletto in questo rumoroso silenzio
appellandomi per questo dolore a Dio.
Vorrei confessare il tuo nome alle onde ribelli,
come gli uomini narrano al mare dei loro fardelli.
Ma tal parola sulla lingua mi si spezza e aggrotto la fronte,
mentre il caldo sole scompare timido all’ orizzonte.
Io e la mia ombra qui siamo rimasti,
su questo scoglio dove amor consumasti.
Sei nella terra, nell’ aria e nella pioggia,
tu che nel mio cuore pungi come scheggia.





Frammenti di specchio (8)

Rimango a fissare i miei occhi vuoti,
testimoni crudeli di un dolore che non vuol tacere
e mi schiaffeggia il riflesso di un uomo ridotto in cenere
che attende solo la bufera per esser dispersa.
Specchio malvagio, perché contro di me ti accanisci?
Ti ho forse fatto un torto che ora ti porta alla vendetta?
Non mostrarmi dunque la causa del mio dolore
non mostrarmi chi mi ha privato di passione e ardore.
Sono io il mio nemico, il carnefice di me stesso
quindi sii clemente, privami di questo riflesso
o forse godi nel vedere il mio cuore straziato?
Tu che mostri agli uomini il presente e il passato?
O forse dietro di te c’è ancora lei che ho perduto?
Forse l’ hai imprigionata, tu crudele, dietro questo vetro.
E non bastano le mie lacrime per farla tornare,
non basta il mio malinconico grido d’ amore.
Dolce amor mio, io urlo ma tu non mi senti
e il mio grido è portato via da gelidi venti.
Il nostro amore è ormai un ancestrale lamento
è come dello specchio un dimenticato frammento.





La promessa (9)

Avevi promesso
di condurmi per mano
per luoghi sconosciuti
seppur agognati.
Avevi promesso lealtà alla promessa
violata sul nascere
per tua infida apatia.
Avevi promesso
di custodirmi nel cuore
come manna preziosa
scesa dal cielo.
Avevi promesso protezione,
come robusta radice
che avvolge un tenero germoglio.
Avevo sperato in giorni di riso,
fedele a quel patto
e invece riverso dagli occhi
patetici prismi d’ argento.






Ragion d’ essere (10)

Il vagare di passi silenti
per strade incompiute,
patetici attori
di una vita mancata.
Se fosse ogni giorno
come quello in cui amor giurasti.
Se fosse ogni singola ora
bagnata dalle tue lacrime
avrei ancora ragion d’ essere,
avrei ancora umide e pallide gote
appena solcate da gocce argentee.
Ho creduto fossi la radice del cuore
Invece, spina intrisa di fiele,
hai atrofizzato gli ultimi respiri,
le ultime vestigia
di una vana esistenza.






Niente (11)

Ennesima attesa
su un dimenticato scoglio
del tuo ritorno,
al rosseggiar dell’ orizzonte.
Trambusto dell’ anima,
occhi alle nubi,
il mare agli orecchi,
respiri di calma,
nemesi del cuore.
Eppure la tua assenza è niente.
Il sole sorgerà comunque,
domani e gli altri giorni ancora.







Luna (12)

Pallida falce
di argenteo riflesso,
ladra di sogni,
spia di amanti,
concedi tregua alla mente,
Che questa veglia cessi!
Che cessino i respiri d’ attesa
e che liete riposino le stanche membra.
Godi nel vedere il mio corpo,
che si aggira per questa foresta.
Ridi di me, pallida falce,
poiché l’ insonnia che il corpo possiede,
liete rende le tue notti instancabili.
Crudele sfera celeste,
che gli uomini tormenti con mille pensieri,
donami  il riparo da questi
e fa’ che il mio animo lacerato trovi ristoro.







Meraviglia (13)

Colme le iridi di meraviglia,
volte all’ immenso etere,
affamate di inesplorati sentieri,
curiose di mari mai percorsi,
bramose di luce mai ammirata,
cerchi di pura fiamma scarlatta.
Io sono fuoco che arde di scoperta,
uragano di venti setaccianti la terra,
pioggia che si riversa su deserti incompiuti.
Io sono fragile virgulto,
quercia possente,
mancato equilibrio dell’ anima,
antitesi del mio essere.








L’ armonia delle tenebre. (14)

Armonia delle tenebre,
in una stasi apparente
ove il cuor si rasserena,
un singolar equilibrio
l’anima sostiene.
Che sia notte per sempre;
dimora di riflessioni,
tela di ricordi,
iridi venate si sangue,
veglia infinita.
Che sia notte ancora,
in umide lenzuola
ove il mio pensier giace silente.
Che sia notte,
e che la mia mente sia volta
ad orizzonti mai scrutati,
ad onde mai cavalcate,
a spiagge mai percorse.





Volevo un segno (15)


Mi persi, per vie buie che odoravano di morte dell’ anima.
Mi persi, in quel bosco ove la tua parola era lontana.
Ti desideravo, desideravo ardentemente riaverti nel mio cuore,
ma troppo fitta era la nebbia che offuscava i miei occhi.
Mi guardavo intorno, cercandoti tra la scura selva,
cercando un bagliore che dimostrasse che Tu c’ eri.
Volevo un segno, o Signore, un segno di Te
e allo stesso modo desideravo che la natura crudele mi inghiottisse.
Poi sorse la timida aurora e allora compresi che Tu eri lì.
Eri sempre stato lì, accanto a me, anche nelle tenebre.
Mi alzai e ammirai la bellezza di quel bosco lucente
Un bosco dove ogni cosa brillava di luce propria.
«Alzati», mi dicesti e per la prima volta udii la tua voce,
«alzati», ripetesti, e una brezza leggera iniziò a soffiare
e insieme ad essa il canto degli usignoli si levò melodioso.
Era quella la dolce armonia del tuo creato.
Preso da tanta meraviglia mi stesi sulla terra umida
e, baciandola, assaporai l’ odore della purezza
Che tu, Signore, avevi scelto di ridarmi.






La voce del vento (16)

Quando i nostri ricordi,
un tempo stupendi,
sconosciuti ti saranno,
ricordati dove essi dimora hanno.

Rimembra il giuramento che un tempo ti feci,
quando per lunghi sentieri vagavamo felici.
E se ancora hai dei dubbi, ti basterà camminare
e la melodia del vento intorno a te ascoltare.

Tendi le orecchie mia dolce consorte
pur se  queste son già  dell’ avida  morte.
E nella voce del vento sentirai il mio canto
testimone del mio amore che giammai sarà stanco.







Sogno (17)

Anestetico della mente,
realizzatore di inganni,
spia del cuore,
fabbricante di immagini,
falso amico,
traditore silente,
concedimi ancora una volta il tuo morso,
stringimi un’ ultima notte,
e rinnova il patto che un tempo stringemmo.
Fa’ che io possa toccare il suo cuore
e potrai far schiava la mia mente
con il tuo sigillo d’ illusioni.
Inebria i miei sensi,
peso alle palpebre,
per i nostri segreti sentieri
conducimi come salda guida
e sul sentiero più oscuro,
fa’ che la sua voce
sia da eco ai miei orecchi,
solo una volta o per sempre.






Alberi (18)

Siamo come alberi,
piegati dai venti della vita,
radicati al terreno della speranza.






L’ aracnide della mente. (19)

Se fosse facile
recider la tela
tessuta dal crudele aracnide
che governa la mente
e i suoi fili ardere
nel fuoco della liberazione
padre di giustizia,
creatore di ordine,
le atrocità dell’ umana esistenza
non sarebbero che vana cenere.
Ma l’ uomo è mosca,
cieca mosca
 viziata dal libertino volo.
Curiosa mosca,
attirata dall’ odor di lusinga
dal dolce sapor dell’ ipocrisia
e dal luccichio delle armi.
Patetica mosca,
preda dell’ aracnide della mente
per i suoi stessi vizi.




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